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Giovani e Lavoro

Ecco perché siamo “bamboccioni”

Il concetto di società presenta sfaccettature molto diverse. In ogni caso, tutte le prospettive sociologiche descrivono la struttura sociale come un insieme di componenti interrelate tra loro. Questo significa che un fenomeno come la crisi economica globale infierisce sulle dinamiche sociali.

Ecco perché siamo “bamboccioni”Nello specifico del caso italiano, ragionando sull’impatto della crisi economica sulla nostra società, si può parlare di un vero e proprio aggravamento della situazione giovanile (basti pensare alle recenti stime sulla disoccupazione, dove per gli under 24 si tocca la punta del 28%).

È ridicolo come molte personalità indichino come unica causa della disoccupazione giovanile il “mancato raccordo” tra la scuola italiana e il mondo del lavoro, dando la colpa alla troppa cultura! I giovani non sono limitati e danneggiati soltanto dal fronte della crisi economica, ma anche da quello sociale.

L’Italia infatti non ha mai avuto delle politiche di sostegno sociale soddisfacenti per i maggiorenni, con il risultato di accentuare sempre di più il legame con la famiglia. È molto difficile per i giovani riuscire ad emanciparsi in autonomia, in quanto necessitano sempre di più del sostegno di mamma e papà.

Pochissimi ammortizzatori sociali, prestiti d’onore, borse di studio, sussidi. Niente mutui bancari senza i genitori come garanti. Tutto ciò rende i giovani dei figli sempre più in cerca di affermazione, e un conseguente spirito di autocommiserazione.

Ecco perché siamo “bamboccioni”L’immagine che deriva della società italiana è quella di un sistema parassitario anziché produttivo, che invecchia anziché rinnovarsi.
Ecco perché fra i vari temi che si possono trattare parlando del rapporto tra i giovani e il lavoro, è interessante notare come proprio molti giovani inizino la loro carriera lavorativa all’interno dell’ambito famigliare.

Esistono dei legami indissolubili di dovere nei confronti dei sacrifici dei genitori. Si percepisce un senso di responsabilità nel proseguire l’attività genitoriale. Se sommiamo questo fattore all'economia del paese e al sistema delle imprese, molte volte lavorare all’interno dell’azienda di famiglia sembra l’unica alternativa (per chi ne ha la possibilità, ovviamente).

È chiaro che nella scelta gioca anche il fattore economico: un’attività propria da più soddisfazioni e si ha la sensazione di contribuire alla costruzione di qualcosa di grande.

Nonostante tutto, questa non rappresenta sempre la scelta migliore. Anche questo passaggio non rende il giovane indipendente dalla cara famiglia. Il legame si renderà ancor più indissolubile, considerando che i problemi di lavoro diventeranno anche problemi di famiglia e viceversa.

È indubbiamente difficile raggiungere un giusto equilibrio: non si possono ignorare i propri doveri. Tuttavia il dovere più importante è rendersi conto dell’unicità della vita, e chiedersi cosa si vuol fare davvero, a prescindere da tutto.


Concetta Ingrassia

16 novembre 2010

 
 
 
     
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