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Giovani e Lavoro
Pubblichiamo il racconto sul precariato del giovane scrittore Gionatan Squillace

Lorenzo e la pioggia

Lorenzo uscì fuori in terrazza.
Le gocce turgide di acqua piovana battevano sulla ringhiera esterna in modo ripetuto, estenuante ma con una costanza quasi rilassante.
Guardò davanti a sé, il ragazzo. Quelle villette a schiera coi loro prati inglesi bagnati e perfettamente rasati.
Sorrise a quella perfezione ostentata di un paese di provincia e si passò la mano sul suo viso tinteggiato da una lanugine incolta.
Si accese una delle ultime del pacchetto.

Lorenzo e la pioggiaDentro camera sua, il vecchio televisore col tubo catodico color muffa. Una scena di un film in bianco e nero sullo schermo, stoppato col telecomando del DVD.
Il cane Andaluso di Buñuel. A Lorenzo piaceva  Buñuel. Aveva dato un esame di cinema all'università e si era appassionato a quel regista spagnolo così grottesco e metafisico.

Non parlava tanto, Lorenzo. Ascoltava il ritmo della pioggia.
Se ne accese un'altra. Non era un gran fumatore. Ma ne consumava di più quando diventava ansioso. Era in attesa di una telefonata. Gli avevano detto che giovedì lo avrebbero contattato in caso di esito positivo.
Erano le quattro del pomeriggio.
Sorrise quasi nervoso e sbuffò dalla bocca il fumo della sigaretta.

Lei lo sa, sono cambiate le esigenze di mercato. Tutto si fa per pagare meno tasse che gravano sempre di più le aziende. “
Quelle parole con tono di voce di donna matura echeggiarono dentro la sua testa.

Ripensò alle rughe in viso di quella signora poco attraente che aveva incontrato due mesi fa al colloquio. Quegli occhiali aranciati e col cordoncino che davano un tocco di colore a quel viso troppo formale. Quel sorriso che scopriva una dentiera ben fatta e quelle parole monotono.
Non si preoccupi che ci risentiremo. Il lavoro a chiamata non è poi così meschino come lo dipingono. Anzi è il futuro. Ci abitueremo.“
Quel sorriso mai troppo pronunciato e  quella mano protesa per una stretta di congedo.

Ripensò alla sua camicia bianca e stirata abbinata ad una giacca nera, il look di quel giorno. Lorenzo non parlava tanto ma odiava la troppa formalità. Odiava i sorrisi di circostanza.
Come odiava quei personaggi troppo ostentatori e sprizzanti di una gioia mai convincente. Come quel viso di un mese fa.
Un sorriso stampato perennemente sul volto e la battuta frivola sempre pronta.
Un viso gonfio, quello del titolare di un’azienda che lo aveva ricevuto su richiesta di colloquio.
Ah bè, hai la faccia giovane. Massì, sento che sei pure in gamba. La fidanzata ce l'hai? No? E cosa aspetti?“.
La risata successiva aumentò il nervosismo del ragazzo. Lorenzo sorrideva quasi obbligato a non dare una cattiva impressione. Imbrigliato sotto la sua camicia e la sua giacca. Rasato e ben pettinato. Ma sorridente e fotogenico.
Dai, dai. Adesso passo il tuo nome alla segretaria. Abbi fede e aspetta che ti chiamiamo. Intanto trovati la ragazza“.
Un latra risata nauseante echeggiò nella sua testa.

Lorenzo si ritrovò a fissar la pioggia pomeridiana.
Nessuna telefonata da due mesi a questa parte. Ma era già più sereno.

Lorenzo e la pioggiaUna settimana fa aveva fatto il suo ultimo colloquio. Una persona sulla cinquantina dall'altra parte della scrivania. Seria ma naturale.
Guardava dei documenti sul tavolo.
Allora Lorenzo. Ho visto le sue credenziali. Le anticipo che ricerchiamo una figura temporanea. Due mesi al massimo. Ma lei può rientrare tranquillamente nel genere di persona da noi richiesto. Attendo giovedì. Semmai l'esito fosse positivo la chiameremo noi“.
Un leggero sorriso di congedo e un pacato “Arrivederci“.

Solo due mesi. Non sarebbe stato il lavoro della sua vita ma almeno avrebbe racimolato qualcosa.
Aveva trent'anni Lorenzo e la voglia di metter da parte.
Non certo un matrimonio davanti a sé  ma il bisogno di indipendenza.

La seconda sigaretta era già finita da un pezzo e il ragazzo meditò di rientrare e continuare la sua maratona solitaria dei film di Buñuel.
Un regista grottesco. Forse anche il mondo del lavoro lo era. Sorrise.
Prima di avviarsi dentro camera sua, ammirò un'ultima volta la pioggia con un po' di invidia. Almeno la natura era coerente. Se decideva di piovere, pioveva. E non si fermava per un bel pezzo.

Gionatan Squillace

8 marzo 2011
 
 
 
     
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