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Oggi: la storia

Adriana Zarri, teologa anticonformista

È scomparsa all’età di 91 anni la storica collaboratrice di «Settegiorni»

Ha vissuto da protagonista gli anni Sessanta e i cambiamenti profondi che portarono il Concilio ecumenico Vaticano II, il movimento studentesco e le lotte operaie. Ed è stata la prima donna a infrangere il monopolio italiano del pensiero e del lavoro teologico come appannaggio maschile.

Adriana Zarri, teologa anticonformistaAdriana Zarri si è spenta il 18 novembre scorso a Strambino, vicino Torino, all’età di 91 anni. Teologa, giornalista e scrittrice, è stata un’esponente tra le più rappresentative del cattolicesimo riformatore e progressista. La Zarri era figura schiva (nel 1975 scelse di vivere volontariamente da eremita), ma estremamente libera e battagliera nella difesa delle proprie idee. Ha avuto al suo fianco esponenti ecclesiastici come don Enzo Mazzi della comunità dell’Isolotto di Firenze e, soprattutto, il vescovo mons. Luigi Bettazzi di Ivrea.

Come «donna-eremita» si impegnò sui temi dell’emancipazione femminile e del ruolo della donna nella Chiesa. Di questo e molto altro (dai rapporti tra Chiesa e politica al ruolo dei laici, dalla riforma della Chiesa alle nuove teologie) scrisse su diversi giornali, non solo cattolici: gli “istituzionali” come  l’Osservatore Romano, Studium e Rivista di Teologia Morale e quelli di area progressista quali Concilium, Servitium, Rocca, Il Regno. Ebbe anche un ruolo di collaboratrice per Settegiorni, il settimanale promosso da Carlo Donat-Cattin alla fine degli anni ’60.

Sul numero dell’11 febbraio 1968 la Zarri pubblicava un articolo di commento a un documento del card. Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino, sul tema dell’autonomia della sfera politica. La sua analisi impegnava i cattolici ad agire in politica esclusivamente sotto propria responsabilità. E rispetto al rapporto con la fede cristiana precisava che essa «non ha risposte per i problemi politici. Essa ci impone imperativi morali che valgono anche per il nostro “agire in politica”, ma non per il nostro “agire politico”. Essa ci impone di essere, anche in politica, onesti, disinteressati, votati al bene comune, ma il calare empirico, tecnico, giuridico di queste virtù morali (là dove la morale si fa, appunto, politica) la Chiesa non ce la può indicare perché non ne ha avuto mandato». Erano per quei tempi parole fortemente innovative, se si pensa che ogni parrocchia diveniva praticamente, in tempo di elezioni, anche un comitato elettorale. Perché gran parte della gerarchia ecclesiastica credeva che la salvaguardia dell’unità politica dei cattolici fosse un principio assoluto, da difendere con indicazioni precise a cui i cristiani avrebbero dovuto attenersi scrupolosamente.

Rimettersi invece alla coscienza responsabile dei laici e alla loro autonomia era una mezza rivoluzione. Dall’archivio della Fondazione Carlo Donat-Cattin, dove è conservata la raccolta completa della rivista, proponiamo qui il testo integrale dell’articolo Non aspettatevi ciò che la Chiesa non vi può dare, in memoria di Adriana Zarri e delle sue lungimiranti riflessioni che ancora oggi hanno un’eco importante.

Alessandro Parola

30 novembre 2010

 
 
 
     
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