Il caso Gladio
Vent’anni fa la scoperta della struttura paramilitare clandestina
La storia italiana recente potrebbe essere raccontata a partire dai suoi misteri. Le stragi degli anni ’70, su cui manca una piena luce e una verità giudiziaria soddisfacente, sono i momenti più eclatanti di questa ipotetica narrazione. Ma un posto di primo piano l’avrebbe certamente anche il caso Gladio.
Se dovessimo spiegare oggi a un ragazzo di vent’anni cos’è successo l’anno in cui lui è nato, avremmo bisogno di molto tempo per spiegare il contesto, ormai così lontano e superato, in cui l’Italia scoprì l’esistenza di Gladio. Dovremmo partire dal 24 ottobre 1990, ovvero dal giorno in cui si venne a sapere che il giudice Felice Casson, autorizzato dal presidente del consiglio Giulio Andreotti, aveva avuto accesso agli archivi del SISMI per indagare sulla strage di Peteano del 1972 (tre carabinieri erano rimasti uccisi in un attentato che si riteneva opera delle Brigate Rosse) e aveva così scoperto l’esistenza di un’organizzazione paramilitare clandestina, promossa dalla NATO durante la guerra fredda per contrastare un eventuale attacco dei Paesi comunisti dell’Est europeo. Un anno dopo la caduta del muro di Berlino, in pratica, emergevano le prime conseguenze del collasso del Blocco orientale. Gladio era stato il nome in codice della forza armata clandestina presente in Italia, che il governo aveva sciolto da pochi mesi e che aveva nel resto dei Paesi occidentali europei analoghe strutture di tipo stay-behind.
A colpire era l’idea che fosse esistita in Italia una rete segreta, nota solo ai vertici delle istituzioni statali e militari, fatta di uomini e depositi di armi pronti a reagire in caso di invasione dai Paesi comunisti. Furono fatte molte ipotesi sui possibili collegamenti con l’eversione di destra o sinistra e con i tentativi di colpo di Stato avvenuti nel nostro Paese. L’opinione pubblica ebbe un ruolo importante nel collegare Gladio alla mancanza di trasparenza delle inchieste sulle stragi. E le massime autorità dell’epoca, dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga al primo ministro Giulio Andreotti, furono investite dall’uragano che ne derivò. Dopo alcuni mesi la situazione si normalizzò e la crisi istituzionale fu definitivamente accantonata. Le indagini su Gladio sarebbero durate un paio d’anni e poi archiviate, in concomitanza con lo scoppio di uno scandalo ben maggiore, quello di Tangentopoli.
Alessandro Parola
23 novembre 2010 |