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Oggi: la storia

L’Isder di Tarquinia
Un centro di documentazione poco conosciuto

Le fonti per la storia politica contemporanea sono numerosissime, ma non tutte dello stesso valore. Pochi centri esistono in Italia che abbiano raccolto e selezionato in modo sistematico i documenti, per poi offrirli al pubblico attraverso agili strumenti di consultazione. L’Isder di TarquiniaL’Isder (Istituto per la storia della democrazia repubblicana) è uno di questi.
Vuoi per la sua collocazione periferica (si trova nella cittadina di Tarquinia, nella Tuscia viterbese), vuoi per le scarse informazioni che si trovano su Internet, sono pochi, anche tra gli addetti ai lavori, a conoscere questo centro. Eppure si tratta di una vera e propria miniera. A costruirla nel corso degli anni è stato Giovanni Di Capua, uno di quei personaggi che si potrebbe dire che hanno sposato la Democrazia cristiana, ne hanno fatto la loro ragione di vita e faticosamente convivono con lo stato di vedovanza.
Di Capua è stato infatti responsabile nazionale della gioventù democristiana con le segreterie Gonella e De Gasperi, redattore di «Politica» e «Stato democratico», direttore del settimanale «La Discussione». È stato per molti anni opinionista de «Il Mattino» di Napoli. Nel 1995, preso atto del tramonto del partito di ispirazione cristiana, ha cominciato a trasferire da Roma a Tarquinia migliaia di documenti, riviste, opuscoli. Ed ha così fondato questo istituto, in cui si trova oggi un’emeroteca eccezionale. Ha poi dato inizio a un’intensa attività pubblicistica, di cui vale la pena menzionare a titolo esemplificativo il volume del 2004 dall’emblematico titolo Delenda Dc.
Visitare l’Isder è un’esperienza singolare. Situato in un palazzo medievale nel centro di Tarquinia, l’Istituto è un autentico labirinto. Di Capua ha ordinato per pratiche nominative tutto quel che è riuscito a raccogliere. Uno schedario imponente ti dà l’accesso a migliaia di faldoni collocati in ordine alfabetico e contenenti materiale di ogni tipo.
Dal fascicolo relativo a Carlo Donat-Cattin (uno dei più voluminosi) è emerso un lungo elenco di articoli e contributi scritti per diverse riviste democristiane negli anni ’50 e ’60. Oltre ai giornali della propria corrente, come «Forze sociali» e «Rinnovamento democratico», Donat-Cattin collaborò assiduamente anche al settimanale «Il Punto» e al quindicinale «Stato democratico».
È un esempio di come la ricerca storica si debba dedicare, anche per l’età contemporanea, a ricostruire il mosaico delle fonti, andando a scovarle per aggiungere tessera a tessera.

Alessandro Parola

12 aprile 2011

 
 
 
     
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