Home arrow Oggi: la storia arrow Oggi:la storia
Oggi:la storia

L’Italia del caso Giuffré

Il «banchiere di Dio» e lo scandalo del 1957

Nella storia del nostro Paese gli scandali non sono certo una novità. Autentici fiumi d’inchiostro sono stati versati su casi che hanno creato scalpore e sconcerto, lasciando lunghe zone d’ombra sulla loro verità.
Giovanni Battista GiuffrèÈ il tempo che decanta le cose e le restituisce più nitide di quanto a volte non riesca la giustizia umana.
Si prenda il caso ormai remoto dello scandalo Giuffré. Correva l’anno 1957: la guardia di finanza scoprì una montagna di debiti sotto i quali viveva Giovanni Battista Giuffré, meglio noto come il «banchiere di Dio». Era un finanziere di Imola che riusciva, unico in Italia, a garantire interessi fra il 70 e il 100 per cento ai correntisti della sua banca. Ma di colpo l’incantesimo finì. Quando alcuni dei suoi clienti smaltirono la sbornia credulona di un Paese suggestionato dal «miracolo economico» di quegli anni di crescita, fu lo scandalo.
Giuffré, uomo pio che in tutto quel tourbillon di soldi non aveva messo nelle proprie tasche una lira (come si riuscì ad appurare dopo molto tempo), si era limitato a versare in una normale banca le somme che riceveva. E la banca, che non faceva i miracoli, gli dava il solito interesse del 2 per cento. Quando finiva un anno, molti risparmiatori chiedevano al loro «banchiere di Dio», raccomandato da parroci e prelati, di reinvestire il loro denaro. I pochi che lo rivolevano indietro, se ne andavano convinti che Giuffré fosse in grado di spuntare guadagni degni dei finanzieri di Wall Street. Non sapevano che, per perpetuare l’illusione di quella moderna moltiplicazione dei pani e dei pesci, il benefattore prendeva i soldi dei risparmiatori che non li ritiravano. La fragilità del miracolo fu chiara quando le richieste arrivarono da molte persone, tutte insieme: allora si vide che Giuffré era un banchiere senza banche, un ex impiegato del Credito romagnolo specializzato in ricostruzioni di conventi distrutti dalla guerra.
A rendere nota quella strana truffa fu Luigi Preti, successore di Giulio Andreotti al ministero delle Finanze, emiliano e socialdemocratico, che voleva passare alla storia come fustigatore dei costumi. In realtà, lo scandalo fu sfruttato a tavolino contro Andreotti. Se ne incaricò l’addetto stampa di Preti, Amedeo Matacena. Fu lui, ricorda Andreotti, a consegnare ai giornali un «memoriale» falso sullo scandalo, spiegando che bisognava «fare la guerra alla destra democristiana». La guardia di finanza aveva indagato e stilato rapporti sul «banchiere di Dio» nel periodo in cui il ministro era Andreotti. Possibile che l’allora titolare delle Finanze, passato nel 1958 al Tesoro, non ne avesse saputo nulla?
Per Andreotti non si trattava della prima volta ad esser chiamato in causa per uno scandalo. E, com’è noto, non sarebbe stata certo l’ultima. Eppure si difese e dimostrò che era al di fuori di tutto, al massimo apparendo un po’ sprovveduto. Ed è poi sopravvissuto, nella sua infinita carriera politica, a sei processi per mafia e omicidio. Dell’Italia degli scandali, vecchi e nuovi, è un testimone che si può definire unico nel panorama italiano.

Alessandro Parola

25 gennaio 2011

 
 
 
     
Rubriche
IL PUNTO
Punti di vista
Uno per molti
Giovani e Lavoro
Oggi: la storia
HOME PAGE
Comitato Editoriale
Promotore
Newsletter
Privacy policy
Testata online bisettimanale registrata presso il Tribunale di Torino con il numero 55 del 9 luglio 2008
webmaster: Alessandro Serena