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Punti di vista

Il mondo al contrario

Un bel giorno ti svegli, guardi un po’ quello che hai fatto fino ad ora nella tua vita. Se è un periodo in cui sei particolarmente sola, può venirti addirittura in mente di voler dire a tante persone quello che hai passato, come l’hai vissuto e spiegare perché adesso ti trovi lì da sola, magari anche con un pizzico di rabbia verso chiunque non si sia mai interessato a farti compagnia o a conoscerti davvero. Io ho scritto per questo motivo. Per raccontare, per raccontarmi, per spiegarmi. Per capirmi, anche.

Anna ValloneMi chiedono spesso se per essere considerati scrittori basti pubblicare un libro. Beh, credo che la cosa bella dell’arte in generale e anche della scrittura sia proprio il fatto di non aver bisogno della fama per esercitare una passione. In altre parole: si può essere scrittori pubblicando libri e si può esserlo anche senza pubblicare libri. Credo che uno scrittore non sia quella persona che scrive un libro, lo pubblica e vende copie su copie. Credo che uno scrittore sia quella persona che scrive un libro, o frasi o pensieri vari quando gli va, e basta. Che poi ci guadagni anche, è relativo. Scrivere è fermare i pensieri e poi metterli su un foglio con la punteggiatura giusta per rendere il proprio pensiero davvero vivo e visibile. L’unica cosa che gli scrittori fanno in più di quelli che non lo sono è scrivere. Non si limitano a provare, a sentire, scrivono ciò che provano e ciò che sentono. E in questo modo lo capiscono anche meglio.

Così io ho scritto, ho fermato i pensieri che volavano in quel periodo, e nei miei pensieri c’era di tutto: esperienze vissute, voglia di vendette, crisi di identità, ricerca di un idolo, sentimenti confusi, rabbia, rancori, felicità, ricordi. Uno pensa sempre che i pensieri siano solo pensieri, e invece i pensieri sono tutta la vita di una persona. E io ho fermato la mia vita, l’ho messa su un libro giorno per giorno, passato ammucchiato al passato, una corsa continua di capitoli su capitoli che sembrava corressero a tutta velocità per raggiungere la fine di quel libro. Per renderlo noto a tutti e far circolare la voce mi è bastato spedire il manoscritto a un po’ di case editrici e aspettare per mesi e mesi in completa agonia qualche risposta continuando a leggere libri di altri scrittori chiedendomi se sarei mai diventata come loro, talvolta con pure crisi di panico riguardanti un ipotetico fallimento. Ho avuto poi la fortuna di trovare qualche casa editrice che credesse in me come scrittrice capace anche di guadagnare, ne ho scelta una e amen!

Comunque, scrivere in generale è sostanzialmente il bisogno di uno scrittore per trovare la propria pace interiore. È un esercizio, come fosse una botta di ginnastica per scaricare le tensioni. La ginnastica non è tanto facile, bisogna impegnarsi, bisogna sudare, bisogna resistere. La stessa cosa accade scrivendo. Perciò, alla domanda “è stato difficile scrivere questo libro?” risponderei di sì. Ma non perché fosse questo libro invece di un altro, solamente perché è scrivere che è difficile e credo che per ogni libro che si scriva sia sempre difficile in modo diverso. Per il mondo al contrario scrivevo ogni sera valanghe di parole senza bloccarmi un attimo quindi la difficoltà non risiedeva lì, la difficoltà era raccontare, trovare il coraggio, forse, di scavare dentro me stessa così tanto da raccontare frammenti e dettagli di vita vissuta sia nel bene che nel male. Nel libro che uscirà fra un po’ invece, per esempio, la difficoltà sta nel mandare avanti la storia. Dipende, dipende da quanto si inventa e da quanto si riproduce il reale per quanto poi un libro sia sempre, sotto, sotto autobiografico.

Ma come in tutte le cose, ci sono vantaggi e svantaggi, anche nello scrivere un libro a sedici anni pubblicandolo a diciassette. L’idea teorica è che una ragazza che scrive un libro così presto sia un dono del cielo da lodare continuamente. Ma nella pratica, va tutto diversamente. Dipende poi anche da cosa si scrive. Io ho rischiato, ho scritto la mia vita, tutta la mia vita fino all’età di sedici anni, con personaggi riconoscibili con descrizioni molto fedeli al reale, con miei giudizi spesso molto espliciti. È un libro arrogante, in un certo senso, un libro che non ha paura, che dice quello che pensa, che dice la verità cruda dei fatti, a volte anche ironicamente. Dice la verità relativa alla particolare infanzia di una persona e alla sua particolare adolescenza nel ventunesimo secolo, con un linguaggio anche molto semplice. Quando si dice la verità, le critiche arrivano a fiumi, la voglia di censurare prevale sull’animo delle persone, ma in un certo senso questo è servito a farmi capire di aver raggiunto gli interlocutori che desideravo raggiungere nel modo in cui volevo farlo.

Alcune persone per esempio mi vagavano intorno con aria crucciata prima di decidersi a chiedermi “ma com’è che va questa storia del libro?” Ringrazio queste persone. Erano davvero poche in confronto alla massa che si divideva tra chi chiedeva di tutto e di più tranne che del mio stato d’animo e chi proprio non mi parlava più!

Pubblicare la verità è una cosa a cui bisognerebbe prepararsi psicologicamente con corsi apposta, tipo i corsi del parto no? Dovrebbero fare i “corsi per gli scrittori che hanno intenzione di mettersi nei guai” allora forse gli scrittori disposti a sputare la verità  sarebbero più numerosi!

Gente che si arrabbia, gente che non ti saluta più, gente che fa finta di non vederti! Persone che si sentono smascherate di qua, gente che si sente fraintesa di là, rancori repressi negli occhi, animi che vorrebbero ribellarsi, individui che hai criticato e che ora ti salutano come se nulla fosse, individui di cui hai parlato bene e che comunque ti trovano qualcosa contro, gente che ti odia, gente che ti ama, ex fidanzati che smentiscono, altri ex che confermano, amici che ti difendono, studenti che ti incoraggiano, professori che ti guardano male, professori che ti guardano bene, parenti che ti chiamano,  il cellulare che squilla alle nove di mattina quando hai l’influenza svegliandoti all’improvviso per dirti che “qualcuno ha scoperto qualcosa”, pettegolezzi, chiacchiere false, autografi, dediche,  “ma scrivi anche il seguito?”, abbracci, complimenti, critiche,  gente che ti vuole cacciare, gente che ti vuole nascondere, chi ti dice che sei stata coraggiosa e chi ti dice che sei stata scema, elogi alla tua pazzia … BASTAAAAAAAAAAAA!!!!!!!! Basta, basta, basta.
Che poi, tra l’altro, diciamolo: leggendo queste cose, se non avete ancora letto il libro, è probabile che vi starete chiedendo se io abbia mandato a vanvera il mondo intero in 327 pagine. No, tranquilli, è solo che, come diceva Shakespeare: “gli uomini: tanto rumore per nulla!”

Pensate che mi è venuto anche quel tic all’occhio, avete presente quando sentite che l’occhio vi si chiude ma non si chiude?! Quello! Odioso! Se tutto questo continua così credo che dovrò andare dallo psichiatra per disturbi della personalità perché finirò per essere alquanto confusa su ciò che sono!

Nel frattempo, scrivo altri libri, studio, mi iscriverò all’università e cercherò in qualche modo di rendere il mio hobby un lavoro a tempo pieno.

Anna Vallone

16 novembre 2010

Il mondo al contrario

 

 

 

 

 

 
 
 
     
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