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Paolo Giordano: un numero 1

Paolo Giordano, rivelazione della letteratura italiana, è un giovane che ha raggiunto il successo in un modo inconsueto rispetto ad altri suoi coetanei che “contano”. Il ragazzo prodigio si è fatto conoscere dal grande pubblico vincendo il Premio Strega e il suo romanzo La solitudine dei numeri primi, a lungo numero uno delle classifiche, sembra non voler abbandonare la top ten dei libri più venduti. I ragazzi “importanti” arrivano dal mondo dei reality dove l’unica regola è apparire, fare audience. Paolo GiordanoChi conquista lo schermo ha risolto il problema della vita, il talento è un optional. Molto diverso è il percorso di Giordano. Lui ha studiato e, nel mentre, ha avuto il coraggio di portare avanti la sua passione per la scrittura. Ha costruito un successo nel silenzio, lontano dai riflettori. Nonostante la giovane età ha saputo cogliere un’occasione preziosa, ha capito che i sogni vanno vissuti o, almeno, ci si deve provare. Paolo, in ogni intervista, parla della sua scuola, il Liceo Scientifico Segré di Torino, per me - dice Giordano - non è solo un legame affettivo ma soprattutto un percorso formativo di alto livello.

Recentemente è apparso su La Stampa un tuo articolo in cui promuovi lo studio del tedesco. Come mai una difesa così appassionata?
Perché è una lingua molto strutturata che fa molto bene alla testa. Perché è un di più che, nella vita, fa la differenza.
Il corso B del Liceo Segré, l’unico che prevede lo studio del tedesco, rischia di scomparire per carenza di iscritti. Sarebbe un vero peccato togliere la possibilità ai ragazzi di poter seguire un progetto didattico importante che va oltre lo studio di una lingua. È un percorso culturale che dura 5 anni. Per me e i miei compagni non era solo una materia in più.
Posso confermare che l’insieme di diverse discipline garantisce una formazione unica.

Qual è il valore aggiunto del tuo libro?
Sono diventato un caso letterario grazie all’accoglienza da parte del pubblico. A distanza posso dire che il libro ha saputo toccare qualche corda di dolore molto comune. Il lettore si sente vicino ai miei personaggi perché, come loro, ha l'impressione di non essere compreso dal mondo circostante. Una sensazione molto diffusa, con risvolti diversi, in ognuno di noi. 

Precariato.
Sono consapevole di aver scampato una situazione di precariato a vita, io ne ho sofferto fino a poco fa. Per anni ho vissuto questo spettro e, ancora oggi, non è un ricordo appannato. È una situazione che vivono tante persone vicine a me.

Fisico o scrittore?
Sempre per la questione del “mettersi in salvo” dico scrittore. Non è una scelta basata sul cinismo ma una scelta dettata dalla passione nata in modo molto lento, ma molto naturale.
Non continuerò la carriera universitaria anche se tutto è in evoluzione.

Barbara Donat-Cattin

19 maggio 2009

 
 
 
     
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