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Intervenire dove c’è bisogno - Bambini nel deserto

La storia che segue è il racconto di un motociclista, Luca Iotti, che si è perso nel deserto. Luca, smarrendosi, ha scoperto un mondo che non conosceva.
Noi lo abbiamo conosciuto per caso e gli abbiamo domandato di scrivere la sua storia.

Intervenire dove c’è bisogno – Bambini nel DesertoSta scendendo la sera sullo Chott el Jerid, il grande lago salato al confine fra Tunisia e Algeria, ma l’aria non accenna a rinfrescare. Sulla pista che costeggia la distesa piatta, su cui il sale brilla come ghiaccio, un uomo in moto si ferma per bere il suo ultimo sorso d’acqua. È diretto verso Nefta, verso la frescura del suo palmeto. Ma quando si fa buio, le luci della cittadina non sono ancora comparse, forse si è perso.

Quell’uomo stanco, senza acqua, smarrito tra quelle dune, ero io: Luca Iotti, oggi presidente dell’Organizzazione Umanitaria Bambini nel Deserto, allora - in una notte del luglio 1997 - un motociclista solitario, appassionato come tanti delle emozioni che l’Africa sa offrire, ma che, come tanti, non si era mai fatto troppe domande sulla realtà del paese che l’affascinava. La sognavo nelle lunghe ore invernali intento a preparare la moto, o davanti al computer, alla ricerca di emozionanti itinerari di viaggio. Il continente che si stendeva oltre i miei porti d’approdo, Tunisi o Tangeri, era il mio parco giochi, ma della sua gente e dei suoi problemi sapevo poco o nulla. Li sfioravo appena, mentre correvo lungo le sue piste.

Il germoglio di consapevolezza, che mi avrebbe portato, da lì a tre anni, a dare vita a Bambini nel Deserto, è nato quella notte, anche se ancora non lo sapevo.  Senza punti di riferimento, mi sono diretto verso l’unica luce apparsa all’improvviso nel buio della piana deserta: il lume di una tenda nomade. Un pastore, con la moglie e i tre figli, mi ha accolto e offerto acqua, cibo e un posto per la notte. Non possedevano nulla, se non quella tenda, qualche tappeto e un piccolo gregge. I bambini indossavano abiti stracciati. Eppure non hanno esitato a dividere con me quel poco che avevano, senza chiedere nulla in cambio. Avevo appena avuto una dimostrazione dell’ospitalità della gente del deserto, la stessa che negli anni a venire avrei ritrovato in tutta l’Africa: nel mio, nel nostro mondo, ben più ricco, non mi era mai capitato di fare o ricevere un gesto di generosità così spontanea e disinteressata verso uno sconosciuto. Il giorno dopo, mentre riprendevo la strada, dentro di me maturava la sensazione che avevo ricevuto qualcosa di molto più importante dell’aiuto materiale e, quel qualcosa, mi avrebbe spinto, di lì a qualche anno, a pensare che anch’io avrei potuto impegnarmi per assistere quella gente che aveva bisogno di tutto.
Quando, tre anni dopo, ho comprato un fuoristrada, stavo facendo un altro passo verso la nascita di BnD. Mi guardavo intorno e all’improvviso il mio “parco giochi” si trasformava in un luogo abitato da tante persone - e tantissimi bambini - le cui giornate trascorrevano in bilico fra vivere e sopravvivere. Ho cominciato a regalare loro quel che avevo con me: i miei vestiti, per esempio.
Era il maggio del 2000. Alla fine di quel viaggio avevo deciso: sarei tornato in Africa portando tutto  quello che sarei riuscito a stipare nella mia auto e che potesse essere d’aiuto a chi non aveva niente.
Il germoglio chiamato Bambini nel Deserto era finalmente spuntato.
La mia filosofia era semplice: tutti possono fare qualcosa. E lo possono fare in modo diretto e concreto, intervenendo là dove c’è più bisogno.
All’inizio amici e viaggiatori appassionati d’Africa diventavano messaggeri di BnD, caricando le loro auto di abiti, calzature e materiale scolastico per consegnarlo direttamente nelle mani delle famiglie o nelle scuole. Negli anni, l’esperienza e le richieste di aiuto ci hanno permesso di comprendere meglio le esigenze profonde delle popolazioni e BnD è cambiata di conseguenza, iniziando anche a progettare e sostenere la realizzazione di strutture di importanza vitale: pozzi, scuole, piccole cooperative sostenute dal microcredito, infermerie... Si sono venuti, così, delineando i nostri cinque settori di intervento: acqua, cibo, salute, istruzione e sviluppo economico. Quel che non è mai cambiato è lo spirito di BnD: intervenire direttamente sulle necessità reali e collaborare con la popolazione, che deve essere e sentirsi protagonista del cambiamento e del miglioramento delle proprie condizioni di vita. Solo così, oltre ad abbattere i costi, si può sostenere un progetto e garantirne la messa in opera. In questi nove anni BnD ha realizzato oltre 130 progetti in sei paesi - Benin, Burkina Faso, Mali, Marocco, Mauritania e Niger - grazie all’aiuto di volontari, sostenitori, amici e anche aziende. Nel 2008 Bambini nel Deserto ha ottenuto il riconoscimento come Organizzazione Non Governativa dal governo italiano e da quello del Burkina Faso, ora è in attesa dell’ufficializzazione dal Marocco, dalla Mauritania e dal Niger.  Sono tante le persone da ringraziare per i risultati finora raggiunti e tante altre ancora ci aiuteranno ad arrivare più lontano, a fare meglio e di più.
Sono tornato molte altre volte in Tunisia dopo quella notte: ho percorso il confine fra Tunisia e Algeria alla ricerca di quei nomadi, ma non li ho più ritrovati. A quella famiglia va il mio “grazie” più forte: senza di loro, forse, oggi non potrei parlare di Bambini nel Deserto.

Luca Iotti
http://www.bambinineldeserto.org/

26 maggio 2009

 
 
 
     
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