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Le emozioni di Sara

Sara Iannucci è una volontaria di Bambini nel Deserto, l’organizzazione che abbiamo conosciuto nell’intervista al suo presidente Luca Iotti. Sara racconta la sua esperienza attraverso le emozioni che ha provato durante 2 settimane passate tra il Burkina Faso ed il Mali.

L’Africa, un cammino per me iniziato in un tempo non definibile. Forse in fondo millenni fa. L’arrivo e sempre ammaliante. Il ritorno è consapevolezza. Questo profumo, odore di questa terra, è penetrante, forte, unico. Il piede percorre chilometri di sabbia senza mai stancarsi, è la Madre Terra.

Le emozioni di SaraSenti la necessità di avvertire la sua presenza sulla pelle, accarezzandola, essere nudo al suo cospetto. Comprendi lentamente il motivo e al contempo la necessità di essere scalzo. Ancora lentamente assapori il tempo senza limiti, né definizione. Un tempo tutto suo, tutto africano. Un tempo molto attento, padrone di sè stesso. Nessuna lancetta lo cattura, solo il sole e la luna a dargli una definizione, solo il vento e la pioggia a dargli un suono, a volte assillante, violento, a volte tenue, come un soffio.

A volte, se provi a incamminarti di notte e la tempesta ti sorprende sei costretto a fermarti e il buio ti avvolge. Non hai paura, no non avverti questo. Solo il movimento oscillante del fuoristrada, il rombo assordante del tuono, la pioggia che cade come fossero 100 secchiate d’acqua insieme. Intorno a te scorgi a malapena radure, sabbia bagnata, rocce e niente altro. Sorridi a questo spettacolo.
La tempesta si calma, riparti e improvvisamente ti ritrovi fermo, immobile. Attacchi i tuoi occhi al finestrino e cerchi di farti posto tra le mille gocce che coprono il vetro e scopri che c’è tanta acqua che scorre veloce sotto di te. Un fiume in piena che si alza e tu lì fermo. Il Motore si è arreso. E ora? La risata è il primo antidoto. Scendere non puoi. Il “capitano della nave” alza le sue brache e scende nell’inferno, dove un vento selvaggio prova a portarlo via con sè. Ingegno, coraggio e alla seconda tirata di corda si riparte. Sani e salvi. Gli Africani si sa, non si lasciano intimidire dalla natura. Mai ho avuto la sensazione che potesse andare in altro modo.

Dormire in Africa tre le falesie del Mali è un lusso che pochi si permettono di vivere. Sul tetto di un’abitazione Dogon, antica popolazione di questo paese, c’è lo splendore del mondo, un’infinita distesa di sabbia e alberi diradati che puoi ammirare fino a dove l’occhio lo permette. C’è un’oasi tra la sabbia e infiniti sorrisi spuntano dai maestosi pioppi millenari. Senti lo stupore farsi spazio tra le svariate emozioni e ti rendi conto di quanto ancora ami essere un bambino intento ad esplorare il mondo. Monti le tende o solo brande coperte da un velo antizanzare, sotto un cielo finalmente stellato e i cinque sensi si risvegliano in modo inequivocabile. L’udito è rapito da un battito costante di djambeè che fanno un eco melodico tra le fessure del canyon ancora abitate da questo popolo leggendario. L’occhio alza lo sguardo e si ferma su un punto luminoso vicino alla luna che cade così lentamente da vederne la scia.

Le emozioni di SaraAvere dei compagni di viaggio con cui condividere tutto questo, nel tempo prima del sonno, è un’altra emozione irripetibile. Seduti intorno a 4 lumi di candela, si parla di sé stessi, del viaggio. La mente ascolta e crea progetti importanti. Tutto è in movimento. Sei vivo. Senti di essere stato addormentato per tanto, troppo tempo. Una rivelazione, una rivoluzione dentro te. Comprendi che questa rivoluzione è assolutamente possibile anche fuori di te. E allora ti armi della forza più forte che esista. Te stesso. E parti. Nuovamente, diversamente. Ci credi. Sai che è assolutamente possibile. Incontri bambini, donne, uomini e sali, sali, sali con una bottiglia d’acqua per abbeverare il tuo corpo. Scali la falesia e arrivi sul punto più alto del mondo sottostante. Quasi vicino alle nuvole, un “quasi alto” un infinito di spazio. Ovunque ti giri, vedi il mondo. Rotei intorno a te. Ti fermi e il tuo occhio non ha più limiti. Vedi oltre lo sguardo di ogni occhio che incontra il tuo. In ogni ospedale, in ogni campo, in ogni villaggio, in ogni riva del fiume cerchi di portare il meglio di te, ma comprendi che questo meglio esce solo se sei disposto a guardare attentamente, solo se sei disposto ad incontrare chi hai davanti a te senza cercare l’immagine stampata dell’Africa sofferente, malnutrita, ammalata, povera. L’Africa ama se stessa più di quanto noi osiamo pensare. Se solo noi imparassimo a camminare su di essa senza scarpe, a piedi nudi, capiremmo che questa è l’Africa. Selvaggia, vera, genuina, fiera, unica.

Bambini nel Deserto è l’insieme di tutto questo, ma è anche molto di più. E’ cercare di comprendere parlando, ascoltando, osservando, cosa sia realmente un bene per loro. E’ condividere insieme due mondi. È vivere questo continente per quello che è, niente di più e niente di meno. Questo viaggio di 15 giorni tra il Burkina Faso e il Mali sembra sia durato anni e allo stesso tempo un secondo. Il tempo, perché così diverso tra un continente e l’altro?

Sara Iannucci

16 novembre 2010

 
 
 
     
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