Dalla Grecia una doccia fredda per euro ed Europa
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6 Luglio 2015

di Giorgio Aimetti

 

Più che la sconfitta per la moneta unica è il divario tra il no e il sì a stupire. Nessun sondaggio lo prevedeva, nessun exit poll lo metteva nel conto. Il risultato del referendum greco da un canto rafforza il governo di Atene, dall'altro non gli offre scampo: Tsipras, che si rende conto della difficoltà di lasciare la moneta unica nella quale il paese avrebbe fatto bene a non entrare, ora ha un mandato pesante: firmare solo a condizioni che il resto del continente (con la sola eccezione di Portogallo, Spagna e soprattutto Italia) non è disposto ad accettare.
Il rimaneggiamento dell'esecutivo, con l'uscita di Varufakis, non lo aiuterà troppo. Può darsi che  qualche condizione di limitato vantaggio, nelle trattative, potrà ottenerlo; ma i paesi forti dell'eurozona, almeno finora, non sembrano disposti a dargli credito. E forse non sono in condizione di farlo (dato che quanto oggi si dà ad Atene, domani dovrà essere concesso a Roma e dopodomani a Madrid).
Il cittadino greco che ha voluto dare un calcio al resto del continente, finirà per accorgersi presto di aver sbagliato il bersaglio. E soprattutto che il nemico non sono le banche, ma la grandeur che ha accompagnato le sue speranze di una rapida emancipazione dalla povertà storica.
D'altra parte l'Europa avrà motivo di riflettere: non è concepibile, e non lo era fin dall'inizio, che le politiche comuni siano quelle che interessano solo i paesi ricchi; non è giusto che la guida del continente sia affidata a gruppi di finanziari e non a esperti nell'arte del governo; è sbagliato che la politica, maestra di solidarietà fin dai tempi di Menenio Agrippa, dimentichi che la strada del "bene comune" non è quella che emargina, esclude e cancella i diritti. Soprattutto deve capire che se si vuole utilizzare una moneta unica si devono prima costruire regole e strutture unitarie di governo assai solide.
La crisi continua, e quella del vecchio continente è sempre all'ordine del giorno: la minaccia viene non solo dall'indebolimento della moneta unica, ma anche dal referendum inglese (che potrebbe causare un salto indietro di 43 anni) e dall'incapacità di trovare una strategia comune sui temi del momento: da quello dell'immigrazione a quello della rinascita dell'imperialismo russo. Che non è l'ultima delle cause di ciò che è accaduto ad Atene.

 
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