di Dario Lindi - 24 novembre 2013
Se l'Italia lamenta le sue tante crisi, il resto del mondo occidentale politicamente non è certo in condizioni felici.
A ormai due mesi dall'esito delle elezioni tedesche, la signora Angela Merkel, acclamata vincitrice della consultazione non è ancora riuscita a mettere insieme il nuovo governo. Le divergenze sul rigore economico tra democristiani e socialdemocratici, che dovrebbero essere alleati, sono difficili da appianare. Da noi sarebbe polemica, ma i media preferiscono tacere sul paradosso. Negli Stati Uniti, la popolarità internazionale di cui gode non aiuta Barak Obama a superare le gravissime difficoltà imposte al sistema presidenziale da un parlamento che cerca di dettare all'esecutivo la linea politica. In Francia il presidente Hollande vede crescere la popolarità del fonte nazionale della signora Le Pen che ora sembra essere il partito più forte nel paese. In Gran Bretagna il premier Cameron è in grande calo di popolarità.
E' la crisi economica che colpisce il mondo dal 2008 a pesare duramente su tutto il sistema delle grandi democrazie: quelle che economicamente stanno un po' meglio e quelle che invece non riescono a recuperare le posizioni perse in più di 5 anni. I governi hanno faticato ad affrontare l’emergenza economica che grava sull’occupazione e sulle possibilità di spesa delle famiglie generando nell’opinione pubblica una crescente sfiducia.
La progressiva eliminazione dello stato sociale determinata dall’ascesa di politiche neo liberiste a partire dagli anni settanta, non è stata una soluzione. Queste ultime, a distanza di trent’anni hanno fallito sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista sociale: non sono stati colmati i deficit di bilancio degli stati; è esplosa ovunque la crisi occupazionale.
Occorre una politica di sviluppo e di investimenti fin nel breve e medio periodo per rilanciare l’occupazione ridando speranza a due generazioni di cittadini. Ma il tema è controverso, legato com'è alle politiche europee, non meno che alle crisi che investono i partiti politici.
E così a quanti propongono -secondo dottrina- un rigore che sembra non finire mai, si contrappongono i sondaggi sull'esito delle prossime elezioni europee; nelle quali, a quanto sembra, si prepara una straordinaria avanzata dei movimenti nazionalisti, populisti ed estremisti, nel nome di una protesta contro le politiche in atto. Tanto forte da mettere in allarme chi si immagina un'opinione pubblica diversa da quella che è: più xenofoba, meno aperta al mondo, più condizionata da una certa forma di egoismo presente nei nuovi poveri e nelle classi medie che perdono potere e stato sociale; mentre invece si vorrebbe, come giornali e televisioni insegnano, più aperta verso gli immigrati e verso le tante minoranze presenti nella società.
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