di Giorgio Aimetti - 24 novembre 2013
Portafogli vuoti, risparmi delle famiglie ridotti al lumicino per mantenere i figli che non trovano lavoro. Negozi che chiudono perché non vendono più; fabbriche ferme, imprese che non creano ricchezza. E d'altra parte Alfano e Berlusconi con le armi affilate, Renzi e Letta che si apprestano a un confronto non meno doloroso nel centro sinistra, Monti contro Riccardi e Olivero, Grillo contro tutti (persino contro i suoi parlamentari).
Lo scenario della fine del secondo tempo della repubblica è molto differente da quello, simile a una tragedia greca, della fine della Dc, del Pci e degli altri partiti nati dalla Costituente. Questi ultimi erano giunti comunque al compimento di un lungo processo storico conseguendo se non tutti, molti degli obiettivi che si erano prefigurati. La Dc chiuse bottega nel momento in cui il comunismo era stato liquidato, in una fase economica florida (sarebbero stati gli eventi seguiti a mani pulite a innescare una fase di recessione), dopo che le classi popolari avevano toccato il massimo del loro potere, dopo aver assicurato alla Chiesa, che attraversava una profondissima crisi, la libertà religiosa, dopo aver persino garantito (in modo eroico) alla magistratura l'autonomia e la libertà di agire anche contro i suoi dirigenti. I democristiani possono tranquillamente guardare in faccia la storia.
La seconda fase della repubblica ha visto al contrario tutti i partiti mutare ripetutamente la ragione sociale (segno del loro fallimento), cambiare due volte il sistema elettorale, raddoppiare il debito pubblico, e vede ora le forze politiche impegnate una volta di più a far dimenticare il proprio passato, più che a rivendicarlo.
Sarà certo un'impasse causata da una crisi economica, più pesante di quella degli altri paesi europei. Certo l'instabilità dei partiti politici non contribuisce a risolverla. Prendono anzi piede istanze irragionevoli. Nella destra più estrema c'è chi vorrebbe uscire dall'Euro (perché sogna i tempi, che a distanza di lustri immagina felici, della vecchia lira) mentre i grillini hanno già evocato e auspicato un'Italia che non mantenga fede ai suoi debiti. Come l'Argentina.
Se la recessione non finirà presto; se l'occupazione non riprenderà “costi quel che costi”, quelle tendenze troveranno seguaci tra chi non riesce a capire che le difficoltà italiane derivano da vicende precedenti alla nascita della moneta unica e dell'Unione europea. Mentre cresce la disaffezione tra chi si occupa di politica in modo serio; anche a causa degli scandali veri o presunti che investono destra e sinistra e inondano le pagine del web e dei giornali (ricordiamo Bassolino, assolto dopo essere stato rovinato politicamente a suon di inchieste e di articoli di stampa).
Letta teme che nuove tasse possano portare il movimento di Grillo oltre il 51 % dei voti. Il timore nostro è che la causa della brutta deriva non siano solo le tasse, ma la disaffezione alla politica che coglie tante persone per bene, e lascia il campo a demiurghi populisti o anarchici che potranno certo sorgere a sinistra, ma che più facilmente si ritroveranno a destra.
E i cattolici? Se la passano male: cacciati da Scelta civica, buttati fuori dal centro destra berlusconiano, mal visti e divisi nel Pd, sembrano destinati, a meno di qualcosa di straordinario, ad essere esclusi da ogni alleanza e rischiano di star fuori dal parlamento. Forse perché scomodi in una prospettiva politica in cui restauratori e innovatori si preparano a cose che fanno a pugni con la loro tradizione.
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