Il voto svizzero: tanti ammonimenti, tra timori e irrazionalità
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di Giorgio Aimetti - 11 febbraio 2014

 Il risultato del referendum per frenare l'immigrazione in Svizzera si presta a differenti considerazioni.

La prima è più banale: esso è l'ennesimo segnale che in un paese dalle dimensioni piccole o medie - come quelle dei paesi europei - è difficile, senza scatenare reazioni, introdurre popolazioni diverse che rischiano, e di fatto lo fanno, di modificare la cultura, le abitudini, i modi di essere dei residenti originari. Qualcuno parla di atteggiamenti medievali, di timori irriflessivi rispetto a fatti che sono senza dubbio inevitabili di fronte alla globalizzazione in corso.

Ma tant'è. Per non cadere in reazioni irrazionali, occorrerebbero probabilmente ragionamenti semplici, ma non di breve momento; insegnamenti morali e valutazioni di convenienza che non si fanno tanto facilmente. Occorrerebbe ricorrere a mediazioni culturali approfondite, in grado di far capire a tutti, con l'autorevolezza necessaria, i vantaggi e l'opportunità del fenomeno; nel caso specifico il perché dell'immigrazione (perché è utile anzi necessaria, data la progressiva diminuzione della popolazione indigena: la Svizzera, come l'Italia soffre di una crisi di denatalità allarmante). Ma questa autorevolezza, nella mentalità comune, oggi non l'ha più neppure il Papa, i cui messaggi sono esaltati quando sono semplici, ma sono ostinatamente ignorati, quando sono scomodi.

Proviamo a dare però almeno un ammonimento a chi è turbato da qualche cosa di ineluttabile, ma che sembra alimentare timori antichi. La proposta approvata in Svizzera dispone un contingentamento dell'immigrazione frontaliera. I promotori accusano i nuovi venuti di portare criminalità, di rubare lavoro ai residenti, di modificare abitudini e modi di essere antichi. La cosa riguarda anche decine di migliaia di cittadini del nord Italia, che lavorano nella Confederazione: piemontesi e lombardi soprattutto. Terra di lega.

Tra i cantoni più accaniti a favore della nuova legge ci sono quelli confinanti con il nostro paese. Nel Ticino 7 cittadini su 10 hanno mostrato insofferenza o timore verso gli stranieri. In parole povere: verso di noi. E l'ammonimento è questo: si è sempre "diversi" rispetto a qualcun altro (verrebbe voglia di dire si è sempre meridionali). E così, talora, tutti, si è vittime di pregiudizi. Ed è tanto più doloroso ammetterlo, quanto più noi stessi siamo portatori di quei pregiudizi. E li riserviamo agli altri.

 
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