I cristiani uccisi nel mondo, una sfida per l'occidente.
PDF Stampa E-mail

8 Aprile 2015

 

La persecuzione dei cristiani, richiamata anche a Pasqua da Papa Francesco, è solo uno degli aspetti drammatici della guerra senza quartiere scoppiata nei paesi islamici dopo la caduta di tanti governi autoritari e il tentativo, in genere fallito, di instaurare regimi democratici nel medio oriente e nel nord Africa.

A ben vedere le prime vittime della crisi, e le più numerose, sono gli islamici stessi. La Siria è uno stato che ha quasi cessato di esistere, dal quale sono fuggiti milioni di profughi e trecentomila persone (senza differenza di fede) sono morte. La Libia è ridotta ad un territorio nel quale potentati locali si combattono senza tregua. L'Irak non riesce a risolvere l'antico contenzioso che divide sunniti e sciiti. Il tentativo di rifondare il califfato ne è la conseguenza. E la guerra che divide le due comunità continua a mietere migliaia di vittime.

In tutto questo le popolazioni cristiane abitanti nella zona a maggioranza islamica (un numero comunque considerevole, tenuto conto che i copti sono il 10% della popolazione egiziana, i cristiani in Siria superavano fino a pochi anni fa il 15%, e molti erano quelli viventi in Irak, senza contare i libanesi in patria e in esilio), hanno finito per essere schiacciate, talvolta costrette a fuggire. Molti fedeli sono stati uccisi o hanno comunque patito violenze.

La vicenda keniana dimostra poi che il tentativo degli integralisti è quello di esportare la violenza anche in paesi che per tradizione non sono mai stati musulmani. Una sorta di anacronistica guerra di religione che si alimenta anche con l'aumento della pressione demografica nei paesi islamici e la conseguente emigrazione verso altri stati o altri continenti.

L'esplodere delle violenze ora rende inevitabili provvedimenti di difesa armata da parte dei paesi che sono minacciati dall'espansionismo integralista. In Italia il moltiplicarsi di eventi che quest'anno comporteranno l'afflusso di milioni di turisti è visto con preoccupazione dai servizi di sicurezza.

Eppure la soluzione non può essere soltanto militare. Non tanto perché una guerra religiosa è destinata comunque ad essere persa (chiunque la scateni) ma soprattutto perché il confronto fra popolazioni di differente religione e abitudini sociali è giusto che sia risolto in termini culturali.

E in questo senso la sfida per l'Europa è grandiosa, dal momento che deve ritrovare il suo patrimonio di valori spirituali e civili che sono indiscutibilmente legati -comunque la pensino i politici di Strasburgo- ad una storia nella quale la tradizione cristiana ed ebraica sono state protagoniste.

 
<< Inizio < Prec. 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 Succ. > Fine >>

Pagina 65 di 192