Politica estera. Un successo per Renzi. Un difficile impegno per Federica Mogherini
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di Giorgio Aimetti

4 Settembre 2014

La ripresa politica d'autunno, a dispetto delle speranze, si preannuncia una volta di più difficile e grigia. L'elemento più scabroso del quadro generale - al quale contribuisce la situazione economica, addirittura marcata dai segni della deflazione - è sotto gli occhi di tutti ed è la crisi internazionale nella quale, il medio oriente (ben lontano dalle speranze che si volevano legate alla cosiddetta primavera araba), l'India (per l'Italia è un argomento irrisolto e, ministro dopo ministro, sempre più complicato), l'Iraq, la Nigeria e soprattutto l'Ucraina sono segnali inquietanti.

E’ quindi importante e da segnalare il successo ottenuto dal presidente del consiglio Renzi che è riuscito a imporre all’Unione europea la nomina del ministro Mogherini a responsabile della politica estera dell’Unione.

Sarà per lei una sfida molto difficile, soprattutto perché la tendenza dei più autorevoli governi europei sembra non quella di marciare uniti, ma quella di far valere i propri interessi. E sono interessi importanti se non addirittura decisivi anche per noi. Nessuno lo ha ancora detto esplicitamente, ma tutte le crisi elencate sopra coinvolgono paesi che, dalla Russia, all'Ucraina, alla Liba e alla Nigeria hanno a che fare con le forniture energetiche dell'Italia. Rischiamo gravi difficoltà già dal prossimo inverno.

Il primo impegno dovrà essere quello, finora non riuscito, di dare all’Unione una politica estera comune.

Ricostruire in modo pacifico un quadro internazionale complessivamente stabile, sarà molto difficile. Il contributo che potremo dare come Italia, appare condizionato dalle difficoltà economiche che esaltano anche l'emergenza immigrazione, destinata ad aggravarsi nel futuro.

Che fare? Il rispetto del diritto internazionale, oggi come oggi, sembra quasi un'utopia (dai fatti della Crimea a quelli del nord Africa, dalla Siria, all'Iraq), mentre la sostanziale rinuncia degli Stati Uniti a svolgere una funzione egemone, se da una parte appare un fatto democratico, dall'altro ha rilanciato una gara tra le grandi potenze che è ricca di presenti e future instabilità.

Per la nuova responsabile della politica estera europea si preannuncia dunque una serie di passaggi complicati. Anche perché la questione Ucraina (dove l'intervento di Mosca a favore delle minoranze etniche russe che vi risiedono, porterà verosimilmente alla secessione di una parte del paese) potrebbe riproporsi per gli stati baltici, che a differenza di Kiev sono già parti integranti dell'Unione Europea e si aspettano da Bruxelles e dalla Nato qualche cosa di più delle proteste diplomatiche contro i fatti compiuti.

 
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