di Dario Lindi - 10 aprile 2014
“Dobbiamo cercare di ritrovare il sapere del passato, la vita, i sentimenti, la mentalità degli uomini…” Jacques Le Goff, scomparso il 1° aprile a Parigi all’età di novant’anni, nel corso della sua vita e del suo “mestiere di storico” ha sempre cercato di porre l’attenzione, delle sue ricerche, sugli aspetti sociali. Da due grandi medievalisti come Marc Bloch e Jules Michelet apprese l’importanza delle fonti documentarie. Fu poi professore dell'Università di Lilla per poi essere nominato, nel 1969, condirettore delle “Annales”, la rivista fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre che rivoluzionò il modo di “fare storia”. Rispetto alla storiografia tradizionale che prediligeva i grandi personaggi, le battaglie e gli avvenimenti istituzionali in genere, la storiografia delle “Annales” ha posto fin da subito l’attenzione agli aspetti sociali, lo studio delle mentalità, del vivere quotidiano delle persone nel proprio tempo. Una “Nouvelle histoire” che interagiva e si legava ad altre discipline. Una storia comparata in grado di dialogare con altre scienze sociali come l’antropologia culturale, la geografia e la sociologia. Grande studioso del Medioevo, europeista convito, si definiva uno “storico europeo” ha sempre sostenuto l’esigenza di affiancare all’unione economico-monetaria una unione politica e culturale nel solco di un’eredità comune a tutti i popoli europei. Ḕ per questo che lo ricordiamo con riconoscenza, quasi come un riferimento culturale che ci sta a cuore. Sia per il metodo, rigorosamente scientifico, sia per il fine, quello appunto di trasformare la storia nella disciplina che studia la gente con le sue passioni, i sacrifici di ogni giorno e le sue conquiste.
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