3 febbraio 2015

I forti segnali di ripresa dell'economia, anticipati in queste settimane da Confindustria e confermati dalla Banca d'Italia e dal Tesoro, lasciano sperare che la ripresa occupazionale registrata negli ultimi resoconti statistici non sia un fatto transitorio o legato al periodo.

La disoccupazione resta alta (12,9%) e resta alta la disoccupazione giovanile. Tuttavia il calo significativo messo in evidenza ha ben precise motivazioni.

La prima è la diminuzione del valore dell'Euro, che ormai è sceso, poco per volta sotto la parità stabilita all'esordio della nuova moneta. Era fissata a 1 dollaro e 15 centesimi, ora siamo a 1 dollaro e 13 dopo essere stato per anni sopra quota 1 e 30. Equivale in buona sostanza alla svalutazione della moneta unica, un fatto simile alla svalutazione della lira utilizzata negli anni 70-80 per rilanciare l'economia del paese.

La seconda è data dai provvedimenti della Bce che ha deciso la sottoscrizione di titoli di Stato della zona euro. Un provvedimento molto impegnativo dal punto di vista economico (almeno 500 miliardi di euro) che secondo gli analisti dovrebbe avere effetti positivi dalla prossima estate, effetti che tuttavia potrebbero essere anticipati dal momento che il mondo della finanza dà per scontata l'operazione.

La terza motivazione è data da un'inflazione vicina allo zero, che preoccupa giustamente gli economisti, ma tranquillizza coloro che badano al debito pubblico che non si gonfia come in passato a causa dell'andamento del costo della vita. I conti dello Stato a gennaio registrano infatti un attivo di 3 miliardi e 400 milioni.

Da ultimo c'è un ulteriore aspetto che spinge al rilancio dell'economia ed è quello legato al livello ormai molto basso del costo del lavoro in Italia, che spinge non solo al rilancio di aziende ferme da tempo, ma addirittura al rientro in Italia di imprese che si erano trasferite all'estero.

Dopo tanti annunci prematuri, forse è la volta buona.