Di Giorgio Aimetti
26 novembre 2014
Ricordo Gabriele Vercelli con l'amicizia che ci legava da più di 40 anni, uniti nella vicenda piemontese della Dc e in particolare nell'impegno tra i sostenitori di Carlo Donat-Cattin. Proveniva dall'associazionismo cattolico, aveva svolto una intensa attività sindacale, aveva militato nella Democrazia Cristiana. Nella seconda repubblica aveva aderito al Partito Popolare.
Tra i fondatori della CISL astigiana, dipendente della Wayassauto, era stato dirigente provinciale dei metalmeccanici nel suo sindacato. E al mondo del lavoro era sempre rimasto legato in modo profondo anche quando, impegnandosi maggiormente nella Democrazia Cristiana era diventato consigliere comunale e poi assessore e vicesindaco di Asti.
Il suo impegno politico non si esauriva nel ruolo di amministratore locale. Era diventato anche il leader astigiano della sinistra sociale della Democrazia Cristiana; di quella corrente di “Forze Nuove”, impegnata a far sì che nella Dc venisse adeguatamente rappresentato il mondo del lavoro.
La sintonia politica, con lui, era spontanea. La sua passione politica mi è indimenticabile fin dai giorni della campagna elettorale (quella del 1972) allorché insieme sostenemmo Francesco Sobrero, che venne eletto con pochi voti di preferenza in più (una quartantina su 27 mila) di quelli ottenuti dal primo degli esclusi. Gabriele, l'avevo rivisto ancora di recente: ricordando quel momento aveva rinnovato le sensazioni che avevano accompagnato le settimane che avevano preceduto la proclamazione del risultato finale, con l'alternarsi di voci, timori e speranze, sfociati infine nella soddisfazione che eravamo stati tutti decisivi per la buona riuscita della candidatura.
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