Segnali inquietanti dalla protesta nelle piazze
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di Giorgio Aimetti - 20 dicembre 2013

È tutto sommato ingiustificata la sorpresa che ha colto la politica in questi giorni di manifestazioni di piazza, che sono state particolarmente forti a Torino.

Era infatti inevitabile che lo sconquasso accadesse dal momento che le ragioni di protesta sono molte e differenti di segno, e sono pochi persino nelle forze di maggioranza coloro che si sentono di difendere le istituzioni, mentre la politica gode di un generale, e si vedrà fino a quanto meritato, discredito.

La scesa in campo dei forconi - le cui rivendicazioni, sostenute in modo intransigente e duro, sono sostanzialmente settoriali - è stata subito accompagnata da una sorta di insurrezione multiforme.

I disoccupati chiedono un posto di lavoro o comunque uno stipendio garantito (a scapito magari dei pensionati), i sindacati chiedono più attenzione allo sviluppo e meno al rigore, i commercianti dei mercati chiedono di pagare meno tasse (e molti di essi non le hanno mai pagate), gli studenti delle scuole medie affollano i treni pretendendo che i servizi pubblici li trasportino senza biglietto dove si fa "la rivoluzione"; le tifoserie delle squadre di calcio, come in tante altre occasioni prestano la manodopera al disordine.

C'è insomma uno scontro di interessi economici, generazionali, egoistici esaltato da una crisi che inquieta sempre più e ormai mette in discussione le basi più elementari del sistema democratico. Rischiano di saltare regole consolidate, diritti acquisiti ed equilibri sui quali si basa il sistema della convivenza civile.

Il fatto che la politica stia rimediando una ben brutta figura non è certo marginale. D'altra parte la caduta delle ideologie ha causato la corrispondente caduta dei valori morali che avevano un tempo messo in guardia partiti e uomini politici. Ben difficilmente quei valori saranno risollevati dall'anarchia e dal populismo di vario colore che ha investito le nostre strade.

Il segno del tempo sta nel fatto che la protesta è divergente. Ha toni che sembrano di sinistra e di destra. Reclama diritti e nessun dovere. Ma al tempo stesso pretende che lo Stato agisca "contro gli altri", quelli che rubano che si approfittano, eccetera.

Il movimento purtroppo ricorda molto più il 1922 che non il 1968. Le bandiere tricolori che vengono sventolate in piazza e il canto dell'inno nazionale hanno toni di sfida che ricorda quelli delle squadre avanguardiste. Il malessere economico appare simile a quello di novant'anni fa e costituisce un detonatore dagli effetti imprevedibili. Un aspetto pericoloso sta nelle sollecitazioni fatte da Grillo alla ribellione delle forze dell'ordine nei ranghi delle quali qualcuno ha voluto leggere segni inquietanti.

In tutto questo non c'entrano i moderati, la sinistra storicamente intesa non c'entra. A chi giovi non si capisce. Persino il movimento 5 stelle appare preoccupato dall'inattesa protesta "liquida" i cui obiettivi comunque irraggiungibili sono una sfida impossibile a chi si candidi a guidare il paese (e infatti M5s agisce arroccandosi su sé stesso negandosi agli altri partiti e rifiutando di affrontare la realtà con la forza delle proposte).

In giro tira una ben brutta aria. Tutto è in discussione, rimbalzano proposte choc, mentre i nuovi politici puntano sull'antipolitica e i tecnici (italiani ed europei) continuano a sfornare soluzioni impraticabili per un paese democratico.

 
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